Anni '50 e '60: il boom economico e la crescita esponenziale delle falegnamerie artigiane.

Contesto storico

Gli anni ’50 e ’60 sono stati un periodo di trasformazione radicale per tutta l’industria manifatturiera italiana, e la falegnameria non ha fatto eccezione. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha vissuto il cosiddetto “boom economico”, un’epoca di rapida industrializzazione, urbanizzazione e miglioramento delle condizioni di vita.
In questo scenario, la richiesta di mobili e arredamenti esplose, in parte grazie alla costruzione di nuove abitazioni, alla modernizzazione degli spazi domestici e all’aumento del potere d’acquisto delle famiglie italiane.

Le falegnamerie artigiane diventarono protagoniste assolute di questa fase. Ecco perché:

1. Crescita della domanda di mobili e serramenti
  • – Con il boom edilizio e la costruzione di palazzi e case popolari, c’era bisogno di finestre, porte, cucine, camere da letto e mobili su misura.
  • – I mobili non erano ancora prodotti in serie come oggi. Le falegnamerie artigiane erano il cuore pulsante della produzione, realizzando arredi personalizzati per ogni casa.
2. Il trionfo dello stile artigianale italiano
  • – Il mobile artigianale italiano divenne un simbolo di qualità, gusto e durevolezza.
  • – Lavorazioni classiche, intarsi, finiture manuali e la scelta di legni pregiati (noce, ciliegio, rovere) resero il mobile italiano apprezzato non solo in Italia ma anche all’estero.
3. Le prime macchine moderne nelle falegnamerie
  • È in questo periodo che le falegnamerie iniziano a dotarsi di macchinari dedicati, passando dalla pura lavorazione manuale all’uso di:

    • – Pialle a filo e spessore.
    • – Sega circolare da banco.
    • – Toupie (fresatrici verticali).
    • – Le prime combinate universali, ideali per piccoli laboratori.
  • Questi strumenti meccanici non erano ancora automatizzati, ma permettevano una produzione più veloce e precisa, aumentando la competitività delle piccole botteghe.

Tecnologia e meccanizzazione: il grande salto

Anche se la maggior parte del lavoro restava manuale, le prime macchine da falegnameria (molte di fabbricazione italiana) iniziarono a diffondersi proprio in quegli anni. Il falegname, che fino a poco tempo prima lavorava solo con pialla a mano, sega e scalpello, inizia a integrare le macchine nel processo produttivo.

Le macchine più diffuse erano:

  • – Sega circolare da banco con cavalletto di ferro fuso.
  • – Pialla a filo e spessore meccaniche, con motori monofase o trifase.
  • – Le prime combinate, con 3 o 5 lavorazioni (sega, pialla, fresatrice, cavatrice e tenonatrice).

Molte di queste macchine erano prodotte da aziende italiane emergenti che poi diventeranno marchi storici del settore, come SICAR.

 

 
Dal piccolo laboratorio alla micro-industria artigiana

Nei decenni ’50 e ’60, la tipica falegnameria passava dalla bottega di paese (spesso con una o due persone) a una vera e propria micro-impresa artigiana, con 5-10 dipendenti, una sede più ampia e un parco macchine che cresceva ogni anno.

  • Molte aziende nate come falegnamerie artigiane in quegli anni, oggi sono diventate industrie del mobile.
  • Il tessuto produttivo italiano si è formato proprio grazie a questa capillarità di laboratori artigiani, che hanno fatto da cerniera tra l’industria pesante e la domanda locale di arredi.
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